Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dalla  Avvocatura  Generale  dello  Stato  presso  cui  e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Contro regione Sardegna, in persona del Presidente  della  Giunta
regionale  pro  tempore,  per  la  declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  1,  della  Legge  della  Regione
Sardegna n. 7 del 21 gennaio 2014, pubblicata sul BUR  n.  5  del  23
gennaio 2014 recante «Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2014)». 
    La legge della Regione autonoma Sardegna n. 7 del 21 gennaio 2014
recante  disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale della Regione (legge finanziaria 2014) all'art.  1  detta
disposizioni  di  carattere   istituzionale   e   finanziario.   Piu'
precisamente all'art. 1, comma 1,  dispone  «ai  sensi  dell'art.  8,
primo comma, lettera d) e secondo comma della legge costituzionale 26
febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna)  nelle  entrate
spettanti  alla  Regione  sono   comprese   anche   le   imposte   di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati  generate  nel
territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio  dello
Stato». 
    Il richiamato art. 8 primo comma, della legge  costituzionale  26
febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale della Sardegna) dispone che  «Le
entrate della regione sono costituite: 
        a) dai sette decimi del gettito  delle  imposte  sul  reddito
delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse
nel territorio della regione; 
        b) dai nove decimi del gettito delle imposte  sul  bollo,  di
registro, ipotecarie, sul  consumo  dell'energia  elettrica  e  delle
tasse sulle concessioni governative  percette  nel  territorio  della
regione; 
        c) dai  cinque  decimi  delle  imposte  sulle  successioni  e
donazioni riscosse nel territorio della regione; 
        d) dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione su  tutti  i
prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione; 
        e) dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta  erariale
di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei  tabacchi  consumati
nella regione; 
        f) dai  nove  decimi  del  gettito  dell'imposta  sul  valore
aggiunto generata sul territorio regionale da determinare sulla  base
dei consumi regionali delle famiglie rilevati annualmente dall'ISTAT; 
        g) dai canoni per le concessioni idroelettriche; 
        h) da imposte e tasse sul turismo e da altri  tributi  propri
che la regione ha facolta' di istituire con legge in  armonia  con  i
principi del sistema tributario dello Stato; 
        i) dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio
demanio; 
        l) da contributi straordinari  dello  Stato  per  particolari
piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria; 
        m) dai sette decimi di tutte le entrate erariali,  dirette  o
indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle  di  spettanza
di altri enti pubblici. 
    Nelle entrate spettanti alla regione sono comprese  anche  quelle
che, sebbene relative a fattispecie tributarie  maturate  nell'ambito
regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni  legislative  o
per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati  fuori  del
territorio della regione». 
    La  disposizione  sopra  richiamata,  appare   costituzionalmente
illegittima, sotto i profili che verranno ora evidenziati, e pertanto
il Governo - giusta delibera del Consiglio dei ministri del 21  marzo
2014 (che per estratto autentico si produce sub  1)  ai  sensi  dell'
art. 127 Cost. la impugna con il presente ricorso per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. - Violazione degli artt. 8 ,54 e 56 dello Statuto  Speciale  della
Regione Sardegna (approvato con legge costituzionale n. 3/1948). 
    1. L'art. 1,  comma  1,  della  Legge  regionale  della  Sardegna
n.7/2014 dispone «ai sensi dell'art. 8, primo  comma,  lettera  d)  e
secondo comma della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948  n.  3
(Statuto speciale per  la  Sardegna)  nelle  entrate  spettanti  alla
Regione sono comprese anche le imposte di fabbricazione  su  tutti  i
prodotti che ne siano gravati generate nel territorio regionale anche
se riscosse nel restante territorio dello Stato». 
    La norma in esame si  configura  come  una  norma  interpretativa
della diposizione statutaria dell'art. 8 primo  comma  lettera  d)  e
secondo comma, che richiama espressamente. 
    La   norma   statutaria   richiamata,   ovvero   l'art.8,   primo
comma,lettera  d)  e  secondo  comma,della  legge  costituzionale  26
febbraio 2014 n. 3 (Statuto speciale della Regione  Sardegna),prevede
che tra le entrate spettanti alla  Regione  siano  compresi"  i  nove
decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano
gravati, percetta nel territorio regionale" (primo comma lettera d). 
    Il  secondo  comma  della   medesima   disposizione   statutaria,
anch'esso richiamato, reca una previsione di carattere residuale  che
comprende tra le entrate spettanti alla regione  «anche  quelle  che,
sebbene  relative  a  fattispecie  tributarie  maturate   nell'ambito
regionale,affluiscono in attuazione di disposizioni legislative o per
esigenze  amministrative  ad  uffici  finanziari  situati  fuori  del
territorio della regione». 
    La materia disciplinata dalle norme regionali in esame attiene al
sistema impositivo in materia di accise. 
    In base all'art. 1 comma 2 d.l. 30 agosto 1993 n. 331  convertito
con modificazioni in  legge  29  ottobre  1993  n.  427  l'accisa  e'
«'imposizione diretta sulla produzione o sui consumi  prevista  dalle
vigenti  disposizioni   ,con   la   denominazione   di   imposta   di
fabbricazione o di consumo e corrispondente sovrimposta di confine  o
di consumo». 
    L'art. 2 del d.lgs n. 504/95 dispone che  l'accisa  e'  esigibile
solo dall'atto della immissione in consumo  in  perfetta  aderenza  a
quanto disposto dalla  normativa  comunitaria  di  riferimento  e  in
particolare dalla direttiva 2008/118/CE (relativa al regime  generale
delle accise). 
    Il dato rilevante e' quindi l'effettiva immissione in consumo nel
territorio nazionale,che rappresenta la circostanza che condiziona il
perfezionamento della  pretesa  tributaria,in  mancanza  della  quale
quest'ultima rimane estinta. 
    Il fatto generatore dell'accisa (produzione  o  importazione  dei
prodotti sottoposti) non risulta sufficiente da solo  a  quantificare
concretamente  l'entita'  della  pretesa   tributaria   che   dipende
intimamente dall'impiego reale degli stessi  prodotti  nel  luogo  di
effettivo consumo. 
    Cio' significa che possono  spettare  alla  Regione  Sardegna  le
somme relative alle accise  per  le  quali  si  e'  verificato  nella
Regione non soltanto il fatto generatore ma anche  la  condizione  di
esigibilita' che avviene al momento dell'immissione in consumo  nello
stesso territorio dei prodotti soggetti ad accisa. 
    Consegue allora da quanto esposto che l'art. 1,  comma  1,  della
legge regionale n. 7/2014 viola in primo luogo la stessa disposizione
statutaria dell'art. 8, lettera d). 
    Nella  norma  regionale  in  esame  l'introduzione  del   termine
«generate» ha  infatti  l'intento  di  interpretare  il  criterio  di
quantificazione del  gettito  delle  accise  (gettito  compartecipato
dalla regione Sardegna nella misura dei nove decimi  per  effetto  di
quanto previsto dallo stesso articolo 8, primo  comma  lettera  d)  e
secondo comma, dello Statuto di autonomia)  sulla  base  appunto  del
«generato» («le imposte  di  fabbricazione  generate  nel  territorio
regionale anche se riscosse nel restante territorio o dello Stato».). 
    Tale criterio di quantificazione introdotto in via interpretativa
non risulta pero' coerente con il criterio  del  «percetto»,  cui  fa
invece testualmente riferimento lo stesso articolo 8  dello  Statuto,
che applica correttamente il sistema impositivo in materia di accise.
Mentre,  infatti,  il  criterio  del  «generato»,  e'  riferito  alla
produzione complessiva che si realizza nel territorio della  regione,
anche se relativa a  prodotti  che  poi  scontano  il  tributo  nella
restante parte del territorio nazionale, il criterio del  «percetto»,
invece, si riferisce esclusivamente ai prodotti  immessi  in  consumo
nel territorio regionale. Solo l'immissione in consumo rende  infatti
esigibile l'accisa, e quindi, con il pagamento del prezzo fa si'  che
questa sia «percetta», cosi' integrando  la  fattispecie  costitutiva
dell'obbligazione tributaria. 
    Se il prodotto esce dal  territorio  regionale  prima  di  essere
immesso in consumo (come in tutti i casi  di  regime  sospensivo  nei
quali l'uscita del prodotto dal  deposito  fiscale  non  costituisce,
altresi', immissione  in  consumo)  non  possono  quindi  aversi  ne'
"percezione" del tributo nel territorio regionale, ai sensi dell'art.
8 comma 1  lett.  d)  Statuto,  ne'  "maturazione  della  fattispecie
impositiva nel territorio regionale" ai sensi dell'art. 8,  comma  2,
Statuto. 
    Evidente  e',  in  conclusione,  il  frontale   contrasto   della
disposizione impugnata con la corretta interpretazione statutaria. La
disposizione   impugnata   sostanzialmente   abroga   la    rilevanza
costitutiva del momento dell'esigibilita'/immissione  in  consumo,  e
con esso dell'elemento della percezione, esaurendo la fattispecie nel
solo elemento, necessario, ma non sufficiente (giusta gli  illustrati
principi  del  sistema   delle   accise),   della   fabbricazione   o
importazione (in Sardegna) del prodotto. 
    Il diritto vivente e' conforme. Leggesi p. es. da ultimo in Cass.
6 novembre 2013 n.  24912:  «In  materia  di  accise,  l'esigibilita'
dell'imposta e' sottoposta al regime sospensivo di  cui  all'art.  1,
comma 2, lett. g), del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504  (T.  U.  delle
imposte sulla  produzione  e  sui  consumi)  fino  all'immissione  in
consumo dei prodotti sui quali la stessa grava, assumendo rilievo, ai
fini dell'imposizione,  l'attitudine  economica,  dei  fabbricanti  e
produttori, a presentarsi  sul  mercato  per  vendere  i  prodotti  a
terzi». Diritto vivente che anche  nel  caso  reciproco  dei  criteri
applicativi delle eventuali esenzioni, e proprio  con  riferimento  a
regioni a statuto speciale,  ribadisce  la  centralita'  del  momento
dell'immissione in consumo: si veda Cass. 21/03/2012 n. 4511, secondo
cui: 
        «In  tema  di  accise,  il  regime  di  esenzione,  stabilito
dall'art. 1 della legge 3 agosto 1949, n.  623  per  l'immissione  in
consumo di alcool nel territorio della Regione della  Valle  d'Aosta,
non si applica al prodotto ottenuto da un'industria locale attraverso
la mera diluizione dell'alcool etilico con una modesta percentuale di
acqua e poi commercializzato, perche' l'art.  15,  paragrafo  6,  del
regolamento  regionale  del  29   gennaio   1973,   laddove   prevede
l'esenzione in riferimento al contingente  assegnato  alle  industrie
locali per la trasformazione in liquori,  da  un  lato,  per  il  suo
tenore letterale, non attiene alla  mera  immissione  al  consumo  da
parte di queste, e, dall'altro, non  puo'  riferirsi  alla  descritta
attivita' di diluizione, dovendo essere coordinato con la  disciplina
comunitaria di diretta ed immediata applicazione, che, in  forza  del
regolamento CEE n. 89/1576/CEE adottato  dal  Consiglio  in  data  29
maggio 1989 (vigente «ratione  temporis»),  esclude  l'idoneita'  del
prodotto in  questione  al  commercio  per  il  consumo  umano  senza
ulteriori aggiunte e manipolazioni». 
    2. La norma in esame, ponendosi come norma  interpretativa  e  di
attuazione dell'art. 8 dello statuto della  Regione  Sardegna,  viola
inoltre l'art. 56 del  medesimo  statuto  sotto  altro  profilo,  con
riferimento alle disposizioni che regolano la gerarchia delle fonti. 
    In base all'art. 56 dello Statuto «Una Commissione paritetica  di
quattro membri, nominati dal Governo  della  Repubblica  e  dall'Alto
Commissario per la Sardegna sentita la Consulta regionale,  proporra'
le norme relative al passaggio degli uffici  e  del  personale  dallo
Stato alla Regione, nonche'  le  norme  di  attuazione  del  presente
Statuto. 
    Tali norme saranno sottoposte al  parere  della  Consulta  o  del
Consiglio regionale e saranno emanate con decreto legislativo». 
    Qualsiasi modifica, integrazione, o anche solo interpretazione di
norme statutarie (quale, nel caso di specie, l'articolo 8 della Legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) non  puo'  quindi  che  essere
affidata a disposizioni di pari rango nella  gerarchia  delle  fonti,
ovvero alle norme di attuazione statutaria; norme, quest'ultime,  che
pur non avendo natura di nonne costituzionali, sono  peraltro  dotate
di forza "superlegislativa" in virtu' del peculiare  procedimento  di
approvazione previsto dagli stessi Statuti speciali. Procedimento che
tra l'altro rimette ad una apposita Commissione paritetica (e  quindi
alla concertazione tra lo Stato e la regione) l'approvazione di  tali
norme (art. 56 Statuto). 
    3. La norma in esame, sempre in riferimento alle disposizioni che
regolano la gerarchia delle fonti, viola  altresi'  l'art.  54  dello
Statuto il quale dispone  che  «Per  le  modificazioni  del  presente
Statuto si applica il procedimento stabilito dalla  Costituzione  per
le leggi costituzionali. L'iniziativa di  modificazione  puo'  essere
esercitata anche  dal  Consiglio  regionale  o  da  almeno  ventimila
elettori. 
    I progetti di modificazione del presente  Statuto  di  iniziativa
governativa  o  parlamentare  sono  comunicati  dal   Governo   della
Repubblica al Consiglio regionale, che esprime il  suo  parere  entro
due mesi 
    Qualora un progetto di modifica  sia  stato  approvato  in  prima
deliberazione  da  una  delle  Camere  ed  il  parere  del  Consiglio
regionale sia contrario, il Presidente della Regione puo'  indire  un
referendum consultivo prima del compimento del termine previsto dalla
Costituzione per la seconda deliberazione. 
    Le  modificazioni  allo  Statuto  approvate  non  sono   comunque
sottoposte a referendum nazionale. 
    Le disposizioni del  Titolo  III  del  presente  Statuto  possono
essere modificate con leggi ordinarie della  Repubblica  su  proposta
del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione." 
    L'art. 8 dello Statuto rientra nel titolo  III  (disposizioni  di
carattere finanziario). Ai sensi del comma 5 dell'art.  54,esso  puo'
essere modificato  solo  con  legge  ordinaria  della  Repubblica  su
proposta del Governo o della Regione. 
    Non e' quindi consentito alla semplice legge regionale modificare
unilateralmente  e  sostanzialmente  una  nonna   finanziaria   dello
Statuto,come  invece,secondo  quanto  esposto   finora,   palesemente
avviene nel caso in esame. 
2. - Violazione degli artt. 117 primo comma, e secondo comma  lettere
a), lettera e) e lettera q) Cost.; e dell'art. 119 Cost. 
    Il  criterio  di  quantificazione  del   gettito   delle   accise
introdotto dal legislatore regionale con l'art. 1 comma  1  legge  n.
7/2014 in esame viola altresi' le norme in rubrica. 
    Le disposizioni comunitarie in materia stabiliscono, come  si  e'
detto, che le accise  costituiscono  tributi  armonizzati  a  livello
comunitario  e  distinguono   chiaramente   il   momento   generatore
dell'obbligazione   tributaria   dal    momento    di    esigibilita'
dell'imposta. 
    La  direttiva  comunitaria  n.  2008/118/CE  relativa  al  regime
generale  delle  accise,  stabilisce  che  "ai  fini   del   corretto
funzionamento del mercato interno rimane necessario che la nozione di
accisa e le condizioni di esigibilita' dell'accisa  siano  uguali  in
tutti gli Stati membri, occorre precisare a  livello  comunitario  il
momento in cui i  prodotti  sottoposti  ad  accisa  sono  immessi  in
consumo e chi e' il debitore dell'accisa." 
    La predetta  direttiva  e'  stata  successivamente  recepita  dal
decreto legislativo 26 ottobre 1995,  n.  504  e  s.m.i  (T.U.  delle
disposizioni legislative concernenti le imposte  sulle  produzioni  e
sui consumi). 
    Per quanto concerne la  nascita  dell'obbligazione  tributaria  e
l'esigibilita' delle accise, l'art. 2 del medesimo d.lgs. dispone  al
comma l che "per  i  prodotti  sottoposti  ad  accisa  l'obbligazione
tributaria sorge al momento della loro  fabbricazione...ovvero  dalla
loro importazione «e, al comma 2, che "l'accisa a esigibile  all'atto
della  immissione  in  consumo  del  prodotto  nel  territorio  della
Stato...» 
    L'esigibilita'  dell'accisa  si  realizza,  quindi,   a   seguito
dell'estrazione dei prodotti dal deposito fiscale e il  trasferimento
a depositi o impianti. E' infatti solamente in tale  momento  che  e'
possibile individuare la destinazione dei prodotti e  la  conseguente
aliquota  da  applicare.  Appare  evidente  che  nessun  introito  si
concretizza  per   l'erario   al   mero   sorgere   dell'obbligazione
tributaria, vale a dire al momento della fabbricazione  dei  prodotti
sottoposti ad accisa. 
    In considerazione dei menzionati principi il termine  "percetto",
ai  fini  dell'individuazione  delle  somme  spettanti  alla  Regione
Sardegna, non puo'  che  essere  inteso  con  riferimento  all'accisa
relativa ai prodotti immessi in consumo. L'interpretazione  derivante
dalla norma regionale in esame mira invero ad attribuire alla Regione
una quota di tutte le accise potenzialmente riconducibili ai prodotti
fabbricati nel territorio  regionale.  Tale  disposizione,  pertanto,
contrasta con il quadro normativo comunitario citato. 
    La giurisprudenza di codesta Corte costituzionale ha  piu'  volte
evidenziato (sentenze n. 185 del 2011 e 115 del 2010)  il  nesso  che
lega l'accisa al  territorio  in  cui  si  realizza  il  consumo  del
prodotto. 
    Alla stregua di quanto sopra esposto, l'articolo  1  della  legge
regionale Sardegna in esame, nel derogare all'applicazione  di  norme
comunitarie e nel prevedere  una  diversa  ripartizione  del  gettito
delle accise spettanti alla Regione, viola  le  competenze  esclusive
dello  Stato  in  materia  di  ordinamento  comunitario  e   obblighi
internazionali  di  cui   all'articolo   117,   primo   comma   della
Costituzione, nonche'  nelle  materie  di  politica  estera,  sistema
tributario e contabile dello Stato e dogane di cui all'articolo  117,
secondo comma, lettere a), lettere e) e q). 
    2.  Sotto  altro  aspetto  appare  chiara  anche  la   violazione
dell'art. dell'art. 119 Cost  che  al  primo  comma  riconosce  "alle
Regioni autonomia finanziaria di entrata e  di  spesa,  nel  rispetto
dell'equilibrio dei relativi  bilanci,  e  concorrono  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea") e con il secondo comma dispone
che "le Regioni stabiliscono e applicano tributi ed  entrate  propri,
in armonia con la Costituzione e secondo i principi di  coordinamento
della finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario.  Dispongono  di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile  al  loro
territorio." 
    La disposizione impugnata scinde solo  per  il  territorio  della
Sardegna il momento della generazione del  prodotto  e  quello  della
immissione in consumo,che invece nel sistema  generale  delle  accise
sono inscindibilmente connessi al fine di  integrare  la  fattispecie
impositiva.  Essa  viola  quindi  il   fondamentale   principio   del
coordinamento tra la finanza regionale e quella statale,creando  solo
per la Sardegna una anomala figura di accisa imponibile a prescindere
dall'immissione in consumo.